di Donatella Saccone, Università di Torino
La scorsa estate il mondo della finanza è stato ripetutamente scosso dalle turbolenze registrate nel mercato finanziario cinese. Iniziato a giugno e aggravatosi nel corso di tre caotici giorni di agosto, il crollo del mercato azionario cinese ha avuto conseguenze su tutti i principali mercati finanziari internazionali. Ad oggi, nel bel mezzo dell’autunno, i dati confermano il sospetto di un persistente rallentamento della crescita economica cinese. Anche se la Cina sta ancora crescendo ad un impressionante tasso del 6,8%, sembra che i dati ufficiali stiano cercando di mascherare una più profonda inversione di tendenza nei tassi di crescita, comunque al di sotto degli usuali livelli straordinari.
by Mario Deaglio, University of Torino
Introduction: economists don’t have GUTs
Up to a quarter of a century ago, economists were comparatively lucky. They could build their models and play with them, assuming that social, political and strategic dimensions of economic problems would remain roughly unchanged; this was a reasonable assumption, inherited from a world frozen by the Cold War and the results and forecasts they produced were satisfactory, often more than satisfactory.
di Vittorio Valli, Università di Torino
Vi è una grave e duratura crisi nella finanza cinese ? La risposta è probabilmente negativa visto l’inizio del riassorbimento della crisi borsistica di questa estate. E’ tuttavia elevato Il pericolo di una crisi assai più seria nel medio-lungo termine.
Nel giugno-agosto 2015 la bufera avvenuta nella finanza cinese, col crollo della borsa valori di Shanghai, ha avuto un grande impatto sull’economia cinese, ma anche sui mercati finanziari mondiali, portando a forti, anche se temporanee, cadute negli indici di borsa delle principali piazze finanziarie mondiali.
di Alessia Amighini, Università del Piemonte Orientale e ISPI - Andrea Goldstein, OECD
Dalla fine del 2014, la riduzione della crescita economica della Cina da tassi a doppia cifra a ritmi più contenuti preoccupa tanto Pechino quanto il resto del mondo, e durante l’estate il crollo delle borse di Shanghai e Shenzhen ha scatenato il panico sui mercati finanziari. Il timore è che da un ritmo compreso tra l’8 e il 10% all’anno per oltre due decenni, un più modesto 6-7% significhi lo spegnimento del cilindro che da solo ha trainato la crescita mondiale tra il 2009 e il 2014 e quindi provochi un’altra recessione globale.
by Roberto Ippolito, Debt and private equity investor
The recent economic events in China (burst of the equity bubble, collapse of commodity prices, exchange rate devaluations) show how difficult it can be to combine a new growth model (domestic and consumption driven rather than export and investment led) with a more market oriented financial system, safeguarding the financial stability and the speed of growth of the economy.
di Lino Sau, Università di Torino
La decisione di svalutare lo yuan renminbi a più riprese (deprezzamento del 4,6% in tre giorni!) presa dalla People’s Bank of China nel corso dell’estate (11-12-13 agosto scorso) ha riportato alla ribalta il tema scottante delle guerre valutarie tra Paesi. Come cercherò di argomentare, queste ultime sono oggi diverse da quelle che in passato hanno interessato i rapporti economico-politici tra Stati, è quindi opportuno introdurre l’argomento muovendo prima da un veloce excursus storico che inquadri il problema oggetto di analisi, per poi passare al caso concreto.
10 years of the Turin Centre on Emerging Economies: lessons learned and perspectives for the...