di Donatella Saccone, Università di Torino
La scorsa estate il mondo della finanza è stato ripetutamente scosso dalle turbolenze registrate nel mercato finanziario cinese. Iniziato a giugno e aggravatosi nel corso di tre caotici giorni di agosto, il crollo del mercato azionario cinese ha avuto conseguenze su tutti i principali mercati finanziari internazionali. Ad oggi, nel bel mezzo dell’autunno, i dati confermano il sospetto di un persistente rallentamento della crescita economica cinese. Anche se la Cina sta ancora crescendo ad un impressionante tasso del 6,8%, sembra che i dati ufficiali stiano cercando di mascherare una più profonda inversione di tendenza nei tassi di crescita, comunque al di sotto degli usuali livelli straordinari.
Ciò che è certo è che il governo cinese sta implicitamente confermando questi segni di debolezza economica e finanziaria attraverso l’adozione di una serie di misure che, per la prima volta, rompono nettamente con il passato: le tre svalutazioni consecutive dello yuan ad agosto, i ripetuti tagli ai tassi di interesse, la riduzione delle riserve bancarie obbligatorie e, proprio negli ultimi giorni, l’allentamento della politica del figlio unico, sono tutti esempi di ingenti sforzi per correggere problemi strutturali non più sostenibili.
Quanto questi segnali di crisi possano essere destabilizzanti e persistenti è oggetto di dibattito tra gli analisti e gli operatori economici. Senza la pretesa di essere esaustivo, questo numero di Economie Emergenti prova parzialmente a rispondere a questo interrogativo mettendo insieme alcuni pezzi del puzzle. Una overview sull’economia cinese, in prospettiva storica, è fornita da Mario Deaglio, che ne sottolinea i principali squilibri economici e sociali e discute i nuovi venti di cambiamento portati dall’attuale classe dirigente. Vittorio Valli va dritto al punto, interrogandosi sulla reale esistenza di una crisi della finanza cinese e guardando agli sviluppi di lungo periodo, mentre Alessia Amighini e Andrea Goldstein esaminano la bozza del 13° Piano Quinquennale alla luce del rallentamento economico. Le fragilità del settore finanziario sono messe in luce da Roberto Ippolito, secondo il quale sono gli indicatori sull’indebitamento a rappresentare la fonte di maggior preoccupazione. Infine, Lino Sau commenta le recenti svalutazioni dello yuan leggendo in esse il rischio di una nuova guerra globale delle valute.
Aldilà dei differenti punti di vista dai quali gli autori osservano i recenti avvenimenti in Cina, vi è un filo comune: tutti sono d’accordo sul fatto che sia troppo presto per dire se questi avvenimenti siano difficoltà transitorie in un glorioso percorso di crescita o, piuttosto, i piedi d’argilla di un gigante che sta vacillando. L’unica certezza è che previsioni affidabili sul futuro dell’economia cinese non possono essere fatte senza tenere in considerazione, nel bene o nel male, le sue specificità.
Donatella Saccone, Università di Torino