di Giovanni Balcet, Università di Torino - Xavier Richet, Université de Paris 3 - Wang Hua, Kedge Business School, Shanghai
Questo contributo è frutto di una ricerca sul campo sull’industria automobilistica in Cina, e sulle prime mosse delle nuove imprese multinazionali di questa potenza economica emergente.
Dal 2009 la Cina rappresenta il primo mercato automotive al mondo, dopo essere cresciuto a tassi rapidissimi e aver superato per dimensioni quello americano.
I costruttori multinazionali europei, americani, giapponesi e coreani sono i protagonisti di questa crescita, ma in associazione con imprese cinesi, spesso di proprietà pubblica locale (province e municipalità): la joint venture è infatti la forma dominante di governance di impresa, e nello stesso tempo rappresenta uno strumento di politica industriale. Tale strumento si è rivelato efficace, a giudicare dal rapido processo di inseguimento tecnologico e di assimilazione delle conoscenze e capacità di ingegneria.
Gli autori si focalizzano su un case study particolarmente rilevante, quello dell’acquisizione di Volvo da parte del costruttore privato Geely, avvenuta nel 2010. E’ un caso di grande interesse perché illustra i meccanismi di inseguimento tecnologico e imitazione in atto, attuati attraverso acquisizioni mirate di tipo “asset seeking”, cioè finalizzate ad acquisite tecnologie, capacità, risorse umane e marchi di prestigio internazionale. Tale caso illustra anche il particolare rapporto tra un’impresa privata e le autorità di tre province cinesi, che hanno contribuito a finanziare l’acquisizione, e nelle quali la nuova Volvo – sotto proprietà Geely – ha realizzato nuovi impianti produttivi e centri di ricerca, al fine di espandersi
sul mercato cinese.
Viene analizzato l’impatto e il significato strategico di tale investimento di grandissimo rilievo, per l’analisi delle nuove multinazionali cinesi e dei paesi emergenti.